Storie di gattare e gattari. Reportage sulle vite di coloro che salvano vite.
Era un pomeriggio. Per Giuliano si trattava di un pomeriggio come tutti gli altri, dal momento che si stava occupando di una delle molte colonie che segue tutti i giorni da anni. Per me che lo accompagnavo, invece, era un pomeriggio particolare. Molto particolare.
Non posso rivelare dove ci trovassimo quando scattai questa foto, posso però dire che in quel luogo io non ci sarei mai andato da solo nemmeno durante il giorno, mentre Giuliano ci andava spesso con il buio e in totale solitudine.
Mi trovavo tra i resti e le macerie di quello che potrei definire il cadavere di una struttura. Una struttura che un tempo era stata pulsante di vita e meta quotidiana per un gran numero di persone. Era stata la speranza di un futuro migliore per moltissime famiglie, la salvezza per molteplici individui che avevano potuto risollevarsi economicamente grazie a lei. Riuscivo quasi a vederla intatta, così come doveva essere stata nel momento del suo massimo splendore, mentre i fantasmi immaginari di persone indaffarate si muovevano veloci davanti ai miei occhi.
Riuscivo ad immaginarla così ma quello che vedevo realmente era un luogo di desolazione, vittima del violento e inesorabile scorrere del tempo. Un luogo che aveva assunto le sembianze di una zona di guerra ormai dimenticata da tempo.
Nonostante tutto però era ancora un luogo di speranza e di salvezza, lo era per le creature che vivevano nascoste tra le macerie, in attesa che qualcuno di buon cuore portasse loro un po’ di cibo. Non chiedevano altro… anzi non lo chiedevano nemmeno, perché la loro solitudine e la loro sofferenza erano del tutto silenziose. Si trattava appunto solo di speranza, una speranza visibile solo agli occhi di pochi eletti. Giuliano era tra questi.
Mentre, assorto nei miei pensieri, fotografavo i pochi micetti che riuscivo ad intravedere, mi resi conto di aver perso di vista Giuliano. Lo avevo perso per aver seguito le mie riflessioni fantasiose, un po’ come alcuni di voi ora hanno perso di vista il focus del post, per aver seguito la mia divagazione narrativa.
La struttura era enorme, mi misi a cercarlo muovendomi silenziosamente per non spaventare i piccoli abitanti che la popolavano. Improvvisamente mi si presentò questa scena, rappresentata nella foto, che durò un brevissimo istante e che, fortunatamente, ebbi la prontezza di immortalare. Al momento non capii perché una parte di me ritenesse che questa foto fosse importante, lo compresi successivamente.
La foto ritrae Giuliano mentre cercava di avvicinarsi ad un micio diffidente, per assicurarsi che stesse bene. Io ritengo che questo scatto simboleggi perfettamente la vita e le azioni di persone come lui, persone che pensano agli altri prima che a loro stesse. Persone che fanno volontariato.
Il muro nella foto è il muro che la gente comune ha alzato tra la propria vita, i propri interessi personali, e la vita degli altri con i loro bisogni. Un muro che divide l’egoismo dall’altruismo, due condizioni mentali che non possono coesistere all’interno della stessa persona, e per questo eternamente divise. Un muro che cerca di nascondere quanto più possibile la cruda e oggettiva realtà delle cose, la realtà che si manifesta in tutta la sua spietatezza, la realtà creata da un sistema che condanna i deboli e gli indifesi ad uno stato di perenne sofferenza. Un muro che le persone comuni contribuiscono a costruire lentamente, giorno dopo giorno, con il proprio menefreghismo, con il proprio cinismo, con la propria insensibilità. Persone comuni che pensano solamente a loro stesse, esempi indiscutibili di egocentrismo e antropocentrismo.
Ma il muro presenta qualche spaccatura, attraverso la quale è possibile guardare per riuscire così finalmente a VEDERE. Una spaccatura che esiste grazie al fatto che le persone comuni, fortunatamente, non hanno ancora perso del tutto la loro empatia e la loro capacità di discernimento. Una spaccatura attraverso la quale riescono ad intravedere le persone non comuni come Giuliano, riescono a vedere la loro esistenza, il loro operato, il loro sacrificio. Ma, così come nella foto, riescono a vedere solo una parte di questi individui sconosciuti, senza riuscire a scorgerne il volto, quasi a voler simboleggiare il fatto che i volontari sono anonimi per la società, quasi invisibili. Individui che le persone comuni a stento riescono a vedere e che cercano disperatamente di dimenticare, perché la loro presenza le mette a disagio. L’egoismo è sempre a disagio quando è costretto ad osservare l’altruismo, per rimanere tale ha bisogno di distogliere lo sguardo.
E si tratta dello stesso muro che hanno alzato le istituzioni, per dimenticare che esistono determinati problemi, per dimenticare i bisogni di questi animali e dei volontari che li accudiscono. Per dimenticare quelli che sono i propri obblighi, previsti per legge.
Il tutto è durato un solo attimo, così come per molti che leggono durerà un solo attimo la consapevolezza che, non lontano, esiste realmente qualcuno che ha bisogno del loro sostegno. Qualcuno che sentirebbero di dover aiutare, se solo fossero dall’altra parte del muro. Se solo fossero dalla parte dell’altruismo, dove risiedono sensibilità ed empatia. Ma un solo attimo non è sufficiente per passare dall’altra parte, se non è supportato dalla volontà. La volontà di cambiare, la volontà di contribuire. E così molti, tra quelli che stanno leggendo questo post, tra un attimo dimenticheranno che esistono delle persone dall’altra parte del muro, poche persone che chiedono aiuto non per loro stesse ma per gli altri. Chiedono aiuto per poter aiutare.
Il tutto è durato un solo attimo. La spaccatura nel muro si sta già rimpicciolendo, la necessità degli altri sta svanendo. La propria egoistica vita può continuare serenamente, il muro è finalmente intatto.
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Lui è Giuliano, ha deciso di dedicare la sua vita agli animali, in particolar modo ai gatti senza famiglia del suo territorio. È un volontario dell’associazione Dingo che si spende senza riserve, macinando chilometri su chilometri, ogni giorno con la sua moto in un viaggio interminabile, per recarsi in tutte le colonie che segue di persona. Che ci sia sole, pioggia, neve o vento, lui ogni giorno sale in sella alla sua moto, mentre i mici delle colonie attendono che all’orario stabilito arrivi il loro angelo personale.
Giuliano ha messo la necessità dei senza voce al primo posto nella sua vita, e questo lo rende una persona straordinaria. E come lui ce ne sono altri, angeli silenziosi, esempi viventi di altruismo, empatia e generosità. Sono i volontari che ogni giorno spendono il loro tempo libero, le loro energie e perfino i loro soldi, per aiutare i bisognosi.
Questo avviene mentre le istituzioni, che per legge sono responsabili di queste creature, non fanno nulla di tutto questo: nessun contributo economico per il cibo nelle colonie, nessun aiuto nelle catture per le sterilizzazioni e le cure degli animali malati, e nemmeno nessun aiuto nella distribuzione di cibo pagato da altri. Ma è arrivato il momento di dire basta, è arrivato il momento di far sapere a tutti quello che viene fatto dai volontari e quello che non viene fatto dalle istituzioni.
Unisciti al grido silenzioso dei senza voce.
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